SCUOLA DELL’INFANZIA PARROCCHIALE PARITARIA “DON FRANCO FACCHETTI”

Categoria: RACCONTI (Pagina 1 di 3)

Scopriamo insieme i 5 sensi

CINQUE GNOMI per CINQUE SENSI

In un bosco lontano lontano viveva una famigliola di gnomi: mamma, papà e 5 gnometti. Appena nati mamma e papà si accorsero che ognuno di loro era speciale. Per questo motivo li chiamarono:

Laboratorio "I 5 SENSI"

OCCHIONE

Uno gnomo dagli occhi grandi

Laboratorio "I 5 SENSI"

ORECCHIONE

Uno gnomo con due orecchie enormi

Laboratorio "I 5 SENSI"

NASONE

Uno gnomo con il naso grandissimo ed un fiuto eccezionale

Laboratorio "I 5 SENSI"

GOLOSONE

Gnometto super affamato e dal palato raffinato

Laboratorio "I 5 SENSI"

TATOO

Uno gnomo con la pelle sensibilissima

Un bel giorno andarono per la prima volta nel bosco da soli: giocarono, raccolsero frutti e oggetti luccicosi, osservarono gli animaletti, i loro piccoli e le loro tane.

Di sera, quando ritornarono a casa, i 5 fratellini erano entusiasti per la magnifica giornata trascorsa e cominciarono a raccontare alla loro mamma le loro avventure. La mamma ascoltò stupita i suoi piccoli:

Occhione disse: “Mamma, nel bosco c’erano tantissimi alberi, fiori di mille colori, piante attorcigliate ai tronchi degli alberi, foglie dalle forme stranissime”. Ed io mi sono fermato a guardare tutte queste cose. La mamma risponde compiaciuta: “sono contenta che hai VISTO tutte queste cose belle!”

Orecchione disse: “Mamma io ho sentito gli uccelli cinguettare, il rumore di un ruscello, poi il vento che soffiava forte, le rane che gracidavano”. Mi sono divertito molto ad ascoltare questi suoni e rumori. La mamma gli risponde: “bravo! Sono contenta che hai ASCOLTATO tutti questi suoni.”

Nasone disse: “Mamma, loro non hanno sentito il profumo dei fiori, dei funghi, l’odore del muschio, della terra bagnata!”. Tutti odori che mi hanno reso felice! La mamma risponde a nasone: bravo! Sono contenta che hai ANNUSATO questi odori.

Golosone disse: “Io ho solo sentito il sapore meraviglioso delle more, dei mirtilli e i dolcissimi fiori di acacia”. La mamma risponde a golosone: bravo! Sono contenta che hai ASSAGGIATO questi sapori.

Tatoo disse: “Io ho sentito il vento fresco sul viso, il calore dei raggi del sole, l’acqua gelida del ruscello, le spine delle rose e delle more, le foglie lisce”. La mamma gli risponde: bravo! Sono contenta che hai TOCCATO sulla pelle tutte queste cose.

Ad un tratto i 5 gnometti incominciarono a litigare: ciascuno credeva che nel bosco ci fossero solo le proprie sensazioni.

La mamma rimette la pace tra loro abbracciandoli e rassicurandoli che tutte le cose che hanno VISTO, ANNUSATO, TOCCATO, ASSAGGIATO e ASCOLTATO sono belle ed importanti in ugual modo.

Laboratorio "I 5 SENSI"

Lo Gnomo TATOO

Lo Gnomo SENSIBILE – Ci ha fatto scoprire una strada “speciale” da percorrere. Abbiamo scoperto che la pasta punge e fa male, il riso è freddo, il sale è freddo, i tappi sono caldi e il cotone è morbido.

PERCORSO SENSORIALE CON I PIEDI

COLORIAMO LO GNOMO TATOO

LA SABBIA CINETICA

Lo Gnomo OCCHIONE

Lo Gnomo che OSSERVA – Ci ha fatto imparare ad osservare le cose. Esploriamo il mondo e lo disegniamo per farlo conoscere a atutti

SIAMO TUTTI RICERCATORI

Esploriamo il giardino alla ricerca di fiori, foglie, insetti, impronte e tanto altro

… E ANCHE ARTISTI

Da ricercatori siamo diventati artisti e vi disegniamo quello che abbiamo visto

LA STORIA DI GESU’

LA STORIA DI GESU’

Tantissimi anni fa, in un piccolo paese della Palestina avvenne un fatto straordinario. E’ un fatto scritto nel Vangelo che potrete leggere quando sarete più grandi e che mamma e papà possono raccontarvi. Il paese si chiama Nazareth, la ragazza Maria e i suoi genitori Anna e Gioacchino. Maria ha sedici anni ed è fidanzata con un giovane di nome Giuseppe. Un mattino, mentre sta cucendo, vede la stanzetta invasa da una grande luce e una voce la saluta:” Buongiorno Maria!” Maria quasi si spaventa, ma la voce la rassicura: “Non temere, io sono l’angelo Gabriele e ti porto una lieta notizia”. “Vengo a nome di Dio. Egli ti ama e ti farà madre di un figlio. Il bambino si chiamerà Gesù e salverà tutti gli uomini”. Avvolta da quella luce e rassicurata da quella voce, Maria è felice e dice sì, ma il suo pensiero corre a Giuseppe e chiede spiegazioni all’angelo. L’angelo capisce subito la domanda di Maria e porta subito la bella notizia anche a Giuseppe. Stanco della fatica, Giuseppe si è addormentato tra i trucioli e la voce dell’angelo lo fa trasalire. “Non avere paura di nulla, sposa Maria e abbi tanto amore per il bambino che nascerà da lei”. Giuseppe si sente l’uomo più felice del mondo perché capisce che è stato scelto a custodire e amare il figlio di Dio.

Dopo la visita dell’angelo, Maria e Giuseppe si sposano e, secondo gli usi della regione, la festa si protrae per alcuni giorni. Nella casetta semplice degli sposi, i giorni passano tranquilli. Giuseppe pialla il legno per costruire la piccola culla e Maria cuce i vestitini per il bambino che deve nascere. Ormai tutto è pronto: culla, giocattoli, vestiti e copertine ricamate da Maria. Ma un giorno arriva nel paese una notizia che li turba. Il grande imperatore romano Cesare Augusto vuole sapere quanti sono gli abitanti del suo impero e per saperlo dà un ordine: ogni abitante deve tornare al paese dove è nato e mettere il nome nel registro. Giuseppe è nativo di Betlemme che è molto distante da Nazareth e in quel tempo non c’erano né treni, né macchine, né aerei. Giuseppe si preoccupa di Maria e Maria per il bambino che sta per nascere.

Un mattino di buon’ora Giuseppe carica su un asinello le provviste e un fagotto con il corredino per il neonato e parte. L’asino ansima per la stanchezza e anche per il freddo. Maria sulla groppa non dice una parola: pensa al bambino che sta per nascere. Il viaggio è lungo e faticoso. Alcuni giorni piove, altri fa capolino il sole, altri soffia un vento gelido. Le notti si alternano ai giorni. Maria e Giuseppe attraversano pianure e colline, borgate e paesi. Finalmente, lontano, intravedono Betlemme, e tirano un sospiro di sollievo. Ma a Betlemme, le strade sono piene di gente, le locande tutte occupate. Giuseppe vuole un posticino tranquillo per far riposare Maria, ma trovare ospitalità è difficile. Giuseppe bussa a molte porte, ma tutti gli albergatori dicono di non avere un posto libero. E’ buio ormai e nessuna porta si apre ai due sposini. Maria è stanca e anche l’asinello dà segni di nervosismo. Qualcuno finalmente, mosso a compassione, indica a Giuseppe alcune grotte scavate nella roccia, non molto distanti da Betlemme. Giuseppe ringrazia, trova una grotta libera, ammucchia una bracciata di paglia asciutta e fa adagiare Maria. Giuseppe vede che c’è un bue nella grotta, ma non se ne preoccupa. Lega l’asino alla mangiatoia e copre Maria con il suo mantello perché riposi e dorma. Lui non dorme: guarda i falò dei pastori e sta attento se Maria ha bisogno di qualcosa.

Nel mezzo della notte, mentre nel cielo blu scuro brillano le stelle, Giuseppe sente un vagito e vede il volto di Maria illuminato da una luce radiosa. Giuseppe abbraccia Maria e il piccino in un abbraccio unico, come a difenderli da ogni pericolo, e cade in ginocchio dicendo grazie a Dio. Fa freddo, il piccolo piange e Giuseppe lo adagia nella mangiatoia perché il bue e l’asinello possano scaldarlo con il loro fiato. Maria non parla. E così, in adorazione silenziosa, canta con il cuore la ninna nanna più bella del mondo. I pastori accampati con i loro greggi, sono intanto svegliati dagli angeli: “Presto, alzatevi! E’ nato per voi il Salvatore tanto atteso. Andate, lo troverete avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia”. I pastori svegliano le pecore e corrono verso la grotta, mentre gli angeli continuano a cantare: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama!”

In quella stessa notte tre uomini ritenuti i più saggi dell’oriente vedono una grande stella, una cometa con una coda splendente. I tre saggi capiscono subito e, preparati i loro dromedari si mettono in cammino alla ricerca del Messia che è nato. Si chiamano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e avanzano seguendo la stella che cammina tra le altre stelle, indicando il cammino. E così per giorni e notti, notti e giorni finché giungono a Betlemme. Qui la stella si ferma su una grotta e diventa ancora più lucente. I tre magi capiscono e fermano le loro cavalcature. Entrano nella grotta e, sapendo chi è il bambino che Maria ha tra le braccia, si inginocchiano e offrono in dono oro, incenso e mirra. La notizia dell’arrivo dei tre re si sparge per tutta la regione. Tutti sono pieni di gioia perché Gesù è finalmente nato. Da quel primo Natale, ogni anno i cristiani di tutto il mondo ricordano la nascita di Gesù.

LA STORIA DI PEZZETTINO

LA STORIA DI PEZZETTINO

C’era una volta un piccolo pezzo di un «puzzle» di cartone che era scivolato dietro un frigorifero e che nessuno era più riuscito a trovare. Era un pezzo di puzzle molto grazioso: aveva la forma di un omino e portava sul dorso un curioso disegno giallo, marrone, rosso e bianco.

Stava da così tanto tempo dietro il frigorifero che aveva dimenticato che cos’era. Perché i pezzetti di puzzle hanno la memoria corta.

Perciò aveva deciso di chiamarsi «Pezzettino». Lo aveva deciso guardandosi intorno: tutti gli altri che vedeva erano chiaramente «loro», degli oggetti ben definiti. Il tavolo era il tavolo, la sedia era la sedia, perfino il gatto era il gatto. Ma lui cos’era?

«Sono certamente il pezzetto di qualche cosa. Ma di che cosa?».

Così decise di partire per scoprirlo.

Con le sue gambette tonde uscì in giardino. E cominciò la sua ricerca.

La prima cosa in cui si imbatté fu un grosso sasso. «Salve», disse Pezzettino al sasso. «Salve», brontolò il sasso. «Fa’ freddino, eh?», continuò Pezzettino senza scoraggiarsi.

«Io non sento niente», rispose il sasso, scostante.

«Hai voglia di fare due passi? ». «Io non mi muovo mai!».

«Vuoi dire che stai sempre lì?». «Esatto!».  «Per caso, ti manca qualcosa?».

«No. Una pietra è una creatura perfetta. Non manca di niente».

«Neanche un pezzettino… ».  E il piccolo pezzo di puzzle sussurrò piano: «… come me?». «Vattene! Io non ho bisogno di niente e di nessuno». Impaurito dal tono della pietra, Pezzettino fece un rapido dietro-front e ricominciò a vagare per il giardino per trovare la cosa a cui mancava un pezzetto proprio come lui.

Cammina, cammina (in realtà fece pochi centimetri, ma se guardate bene, le gambe dei pezzi di puzzle sono proprio minuscole), arrivò sul bordo di una pozzanghera.

Era una bella pozzanghera di acqua sporca. Dovete sapere che, nel regno delle pozzanghere, quelle di acqua sporca sono ritenute le più belle perché riescono a riflettere le stelle e le nuvole. «Buongiorno », disse Pezzettino.

«Ehilà, sgorbietto, come va?», rispose la pozzanghera. Le pozzanghere non sono beneducate e amano molto fare scherzi e inzaccherare il prossimo. Si piazzano apposta sotto le ruote delle automobili, per schizzare sui passanti quando questi meno se l’aspettano.

«Scusami», continuò Pezzettino, «sono un pezzetto di te?».

«Uhm…», borbottò la pozzanghera, «perché no? Vieni dentro che c’è posto!».

«Ah, che bello!», gridò Pezzettino, «sono un pezzo di pozzanghera». E si tuffò.

Appena dentro la pozzanghera, però, cominciò a rammollirsi e a soffocare. «Aiuto, affogo! », gridava disperato. Si dibatteva, cercava di stare a galla, ma l’acqua lo attirava inesorabilmente verso il basso. Il misterioso disegno che portava sul dorso cominciava a svanire. «Aiuto, salvatemi!».

La pozzanghera sogghignava: «Povero illuso! Sei solo un pezzo di cartone, sgorbietto!».

 

Ma un merlo, che stava facendo colazione nel prato con la sua signora, si impietosì e con il lungo becco giallo pescò Pezzettino nella pozzanghera e lo stese ad asciugare sopra una margherita. I  raggi del sole e una brezza dolce dolce asciugarono Pezzettino, che fu ben presto in grado di riprendere la sua ricerca.

Cammina cammina, Pezzettino arrivò nei pressi di una forma tondeggiante, irta di puntine e con una piccola porticina.

«Come ti chiami?», chiese Pezzettino. «Riccio di Castagno», rispose l’altro.

« Un bel nome », disse Pezzettino. E fece la sua domanda anche al riccio di castagno. Il riccio non ci pensò molto.

«Ma certo! Sentivo tanto la tua mancanza! Sono sempre solo quaggiù e non ho nessuno con cui giocare!». «Che bello!», esclamò Pezzettino. «Sono un pezzetto di riccio!».

«Dai abbracciamoci e poi giochiamo insieme», gli fece eco il riccio.

Pezzettino si buttò verso il riccio, ma… «Ahia!», Pezzettino si sentì pungere dappertutto. Ci riprovò, ma… «Ahia! ». Non c’era niente da fare. Il riccio aveva spine pungenti dappertutto.

«Adesso capisco perché non hai amici», disse mestamente Pezzettino. «Se sto con te divento un colino. Credo proprio di non essere un pezzetto di te». Disse addio al riccio e, per nulla scoraggiato, riprese a vagare per il giardino alla ricerca della cosa a cui mancava un pezzo uguale a lui.

Una serie di sfacciati luccichii richiamò la sua attenzione. Si diresse da quella parte e si ritrovò in mezzo ad una combriccola di pezzi di vetro colorati che si divertivano a giocare con i raggi del sole.

«Ehi, amici!». «Ciao!», risposero quasi all’unisono, ma non gli fecero troppo caso.

«Non sono per caso un pezzetto della vostra banda?», chiese Pezzettino speranzoso perché quei pezzi di vetro gli sembravano divertenti e simpatici. «Può darsi», disse il più grosso. «Allora posso restare?». «Resta».

Pezzettino cominciò a giocare con i suoi nuovi fratelli, ma…

«Sei proprio una schiappa!», gli gridò il pezzo di vetro con cui cercava di giocare a pingpong con i raggi di sole. La superficie di Pezzettino non rifletteva un bel niente, anche se lui ci metteva tutta la buona volontà possibile. Inoltre il suo disegno giallo, marrone, rosso e bianco rimaneva incomprensibile e il piccolo pezzo di puzzle si sentiva un po’ a disagio.

Uno dei pezzi di vetro, che stava di vedetta, ad un tratto gridò: «Arriva, ragazzi!».

Una ventata di eccitazione percosse i pezzi di vetro. Smisero immediatamente di giocare e si disposero in modo da avere la parte tagliante verso l’alto. Pezzettino si accorse di non avere nessuna parte tagliente e rimase lì in mezzo, esitante, a vedere che cosa succedeva.

«Un grosso premio a chi lo buca al primo colpo!», disse il pezzo di vetro più grosso.

Bucare, ma cosa? Poi Pezzettino capì. I pezzi di vetro si trovavano in mezzo ad un sentiero, sul quale stava arrivando una bicicletta.

«Ma perché?», esclamò invano Pezzettino. La bicicletta arrivò sui pezzi di vetro e… Pluf!

«Oh, no!», disse il bambino. Scese dalla bicicletta e contemplò con aria afflitta il piccolo pneumatico che si era rapidamente sgonfiato. Mentre faceva questo, il suo sguardo si fissò su Pezzettino. «Guarda che non sono stato io! », gridò con tutte le sue forze Pezzettino. Il bambino non conosceva la lingua dei pezzi di puzzle, perciò lo afferrò e corse in casa gridando: «Mamma, mamma! L’ho trovato! Ho trovato il pezzo del mio puzzle!».

 

Come succede ai bambini, aveva già dimenticato la bicicletta bucata per la gioia di aver ritrovato il pezzo di puzzle smarrito.

Un istante dopo, Pezzettino si trovò abbracciato a tanti pezzetti come lui e, con immensa gioia, capì che la sua ricerca era finita. Ora sapeva chi era! Ora avevano un significato anche le macchie colorate sul dorso: il giallo e il marrone erano parti del muso di una tigre, il rosso e il bianco erano denti e bocca spalancata.

Tutti insieme, i piccoli pezzi formavano una magnifica tigre nella giungla. «Benvenuto! Ti aspettavamo!», gridarono in coro gli altri pezzetti del puzzle. «Ci mancavi tanto!». «Anche voi mi siete mancati tanto, fratellini miei », disse Pezzettino al colmo della felicità.

LA STORIA INVENTATA DEL FUOCO

LA STORIA INVENTATA DEL FUOCO

C’era una volta…un uomo molto curioso di nome Fuocò, siccome non c’era la televisione e neanche laplaystation ai suoi tempi e cioè nella preistoria, non sapendo cosa fare si metteva a giocare con i sassi o con i rami di legno, battendoli qui e là. Una sera non aveva sonno e facendo molto freddo non aveva proprio voglia di dormire sul suo giaciglio di paglia e foglie secche nella sua caverna fredda, così si mise vicino a quella specie di lettino a sbattere due sassi per riscaldarsi facendo un po’ di movimento, sbatti sbatti sbatti, ecco che dai sassi uscirono delle scintille che andarono a finire sul suo cuscino di paglia e fieno. Questo subito si incendiò e Fuocò si scaldò ma ebbe anche moltissima paura, si accorse che quella strana cosa luminosa e calda era bella ma anche molto pericolosa e non sapendo come si chiamasse gli diede il suo nome cioè: Fuoco. Sua moglie che era molto intelligente invece inventò il camino dove cuocere e far riscaldare i suoi piccoli.

L’OMINO DELLA PIOGGIA

L’OMINO DELLA PIOGGIA

Io conosco l’omino della pioggia.

E’ un omino leggero leggero, che abita sulle nuvole, salta da una nuvola all’altra senza sfondarne il pavimento soffice e vaporoso. Le nuvole hanno tanti rubinetti.

Quando l’omino apre i rubinetti, le nuvole lasciano cadere l’acqua sulla terra.

Quando l’omino chiude i rubinetti, la pioggia cessa. Ha un gran da fare, l’omino della pioggia, sempre ad aprire e chiudere tutti i rubinetti…e qualche volta si stanca.

Quando è stanco, stanchissimo si sdraia su una nuvoletta e si addormenta.

Dorme, dorme, dorme e intanto ha lasciato aperti tutti i rubinetti e continua a piovere!

Per fortuna un tuono più forte di tutti gli altri lo sveglia.

L’omino salta su ed esclama:”Povero me, chissà quanto tempo ho dormito!”.

Guarda in basso e vede i paesi, le montagne ed i campi grigi e tristi sotto l’acqua che continua a cadere. Allora comincia a saltare da una nuvola all’altra a chiudere tutti i rubinetti.

Così la pioggia cessa, le nuvole si lasciano spingere lontano dal vento e muovendosi cullano dolcemente l’omino della pioggia, che così si addormenta di nuovo.

Quando si sveglia esclama: “Povero me chissà quanto tempo ho dormito!”.

Guarda in basso e vede la terra secca e fumante, senza una goccia d’acqua.

Allora corre in giro per il cielo ad aprire tutti i rubinetti.

E va sempre avanti così!

IL FANTASTICO VIAGGIO DEL SIGNOR ACQUA

IL FANTASTICO VIAGGIO DEL SIGNOR ACQUA

Il mare è un mondo meraviglioso, dove vivono esseri fantastici di tutte le forme e di tutti i colori.

Nel mare puoi avventurarti solo se sai nuotare o hai una barca, e anche in questo caso se sai nuotare è meglio. Ed è proprio nel mare che vive il signor Acqua. Il signor Acqua è fatto come un’onda e se ne va a spasso per tutto il mare. Quando è tranquillo è piccolo, ma nelle giornate di burrasca diventa gigante e bisogna stare molto attenti.

In una bella giornata estiva, il signor Acqua vede sulla spiaggia tanta gente. Ci sono anche tre bambini che giocano.

“Che bello” pensa. “Oggi farò delle nuove amicizie”. Anche uno dei bambini si è accorto del signor Acqua e lo saluta.

Il signor Acqua e i tre bambini fanno subito amicizia e giocano tutti i giorni fino al tramonto.

Con il più piccolo il signor Acqua sta molto attento e fa dei giochi tranquilli e facili.

Con i più grandi invece si inventa giochi ben più difficili!

Ma una mattina, quando il signor Acqua arriva alla spiaggia per giocare, non  trova i suoi amici, gli ombrelloni sono chiusi.

Il signor Acqua rimane ad aspettare ma in spiaggia non viene più nessuno.

–          Le vacanze sono finite e i tuoi amici sono tornati a casa – gli dice il polipo Gianni.

Il signor Acqua vuole andare a cercarli e con l’aiuto del sole diventa una nuvola leggera leggera, che sale in alto nel cielo… La nuvola del signor Acqua, spinta dal vento, vola veloce su campagne e foreste. Quanto è grande il mondo! Dove saranno ora gli amici dell’estate? Non sarà facile trovarli.

Cammina cammina, la nuvola arriva nel cielo di una grande città. Sul terrazzo di una casa ci sono due persone che prendono il sole.

“Forse quei due sanno dove posso trovare i miei amici” pensa il signor Acqua, e si avvicina.

–          Non vedi che ci fai ombra, stupida nuvola? – grida l’uomo.

Al signor Acqua non piacciono le persone scortesi e decide di dare una rinfrescatina ai fiori. Poi riprende il cammino tutto contento. “prima o poi li troverò i miei amici!” Pensa.

A un certo punto arriva tra le cime delle montagne: lassù fa così freddo che il signor Acqua si sente gelare! E in quattro e quattr’otto decide di scendere giù. “Che strano” pensa. “Sono diventato tutto bianco!” Il signor Acqua ora è fatto tutto di neve. Arrivato a terra si guarda intorno ma vede solo un animale con due lunghe corna. A parte lo stambecco, che poi non è di grande compagnia, sulla montagna non viene mai nessuno e il signor Acqua si annoia moltissimo.

In primavera però il sole comincia a sciogliere la neve. Il signor Acqua diventa di nuovo liquido e ricomincia a cercare gli amici dell’estate. Saluta le montagne e si avvia giù per un gorgogliante ruscello.

 Nel suo viaggio verso valle il signor Acqua ha tante cose da fare.

Prima fa girare la ruota del mulino di Ivan. Poi innaffia l’insalata di Adele, che ha le foglie verdi e croccanti. Arrivato in pianura, il torrente diventa un grande fiume. Qui aiuta Michele a spingere la sua grossa barca. “Grazie” – dice Michele. “E’ un piacere” – risponde il signor Acqua.

Ma ecco che, improvvisamente, il signor Acqua viene risucchiato in un grosso tubo, che poi diventa due tubi…. I tubi continuano a dividersi in altri tubi sempre più piccoli e ogni volta    il signor Acqua si divide ancora. Quanti signor acqua!

Corri, corri, tutti questi signor Acqua finiscono da qualche parte. Tutti hanno bisogno di loro. “Chissà se alla fine riuscirò a trovare anche i miei amici dell’estate?” Pensa il signor Acqua.

E proprio quando non ci sperava più, ecco che l’ultimo signor Acqua va a finire proprio nella cucina dei suoi amici. “Finalmente vi ho trovato! Ora vi preparo una bibita alla menta! Sentirete che buona!

LA STORIA DI GOCCIOLINA

LA STORIA DI GOCCIOLINA

C’era una volta una piccola goccia d’acqua, di nome Gocciolina, che viveva nel mare insieme ad altre sue compagne: rideva, scherzava ed era molto felice. Un giorno Goccetto, suo fratello, volò in cielo e Gocciolina diventò molto triste. Questo succedeva a molte gocce che stavano sulla superficie del mare riscaldate dal sole, si alzavano in cielo e volavano su. Anche Gocciolina voleva vedere il mondo e decise di farsi notare dal sole così che la scaldasse e la facesse volare. Finalmente un caldo raggio di sole si posò sopra di lei e la riscaldò. Gocciolina si sentì leggera leggera e capì che stava volando. In cielo incontrò tante sue compagne, trasformate come lei in vapore e, insieme, formarono una nuvola trasportata dal vento leggero. Ma dopo poco il venticello si trasformò in un vento forte che spingeva le nuvolette verso dei grossi nuvoloni neri. “Chi sono?” chiese Gocciolina.
“Sono tanti tuoi parenti” rispose il vento. “E da dove vengono?”
“Dal mare, dai laghi, dai fiumi, dai torrenti……” risposero moltissime voci da dentro i nuvoloni. Intanto l’aria era diventata molto fredda. “Ahime!” pianse Gocciolina, “non so cosa mi stia succedendo, ma mi pesa la testa. Quest’aria fredda mi fa male. Non posso più volare!” Mentre diceva così, precipitò giù, seguita da tutte le sue compagne che erano ridiventate gocce d’acqua, come lei. Gocciolina cadde su un prato fiorito, dove trovò molti fiori e molte erbe assetate. Penetrò nella terra e si spaventò perchè là sotto era buio, ma seguì le altre gocce…….
Gocciolina chiese a una sua compagna: “E adesso dove si và?”
La goccia che le stava vicino rispose: “Adesso andiamo a incontrare un ruscello, poi al fiume e il fiume ci porterà al mare.”
Ma il sole la catturò di nuovo e Gocciolina si ritrovò in una nuvoletta sospinta dal vento. “Senti, nuvoletta, l’autunno sta per finire e presto verrà l’inverno. Adesso ti porterò sulle alte montagne e vedrai quante meraviglie!” disse il vento.
Mentre volava, Gocciolina incontrava amici e parenti che le portavano le notizie dal mare. Sai che è partito anche nonno Acquerottolo?” le disse un giorno sua cugina. “Non volevano lasciarlo andare, alla sua età, ma lui ha tanto insistito!”
“E Goccetto è tornato?” chiedeva Gocciolina. “No, non ancora.”
All’improvviso si scorsero in lontananza le montagne e Gocciolina era impaziente di arrivare. “Siamo arrivati sulle montagne” disse il vento, “Ma siamo troppo alti, bisogna scendere per vedere bene”
E cominciò a far scendere la nuvoletta verso il basso. intanto arrivarono nuvoloni grigi da ogni parte e venti gelidi incomincia vano a soffiare. Gocciolina si sentì stanca, poi si mise a danzare, leggera come un petalo di fiore. Anche le sue amiche e i suoi parenti si erano trasformati in farfalline bianche che danzavano nell’aria:”Che cosa è successo?” chiese al vento. ”
“Sei diventata un fiocco di neve” le rispose.
Che gioia” esclamò Gocciolina e continuò a danzare finché fu stanca. “Scendi a riposarti sulla montagna” le suggerì il vento.
Gocciolina si posò sulla montagna e si addormentò, insieme a milioni di altri fiocchetti, tutti stretti stretti l’uno contro l’altro,
trasformati in ghiaccio.
Il ghiaccio si accumulò, divenne tanto grande da essere chiamato “ghiacciaio” e cominciò a scivolare lentamente giù per la montagna, verso la valle dove faceva meno freddo. Qui cominciò a sciogliersi dando origine ad un torrente di acqua freddissima. Passò l’inverno e venne la primavera.
Il sole decise di sciogliere la neve e il ghiaccio, ma erano troppi: non riusciva a sciogliere tutti. Venne l’estate e
il torrente si ingrossava, ma Gocciolina dormiva ancora in mezzo al ghiaccio. Finalmente il sole vide Gocciolina e le sue compagne e decise di svegliarle piano piano.”Ci voleva proprio questo lungo riposo!” disse una vocina che a Gocciolina parve di riconoscere? “Chi sei tu che hai parlato?” chiese ansiosa. “Questa è bella!” rispose la prima voce. “Mi pare di sentire la voce di mia sorella Gocciolina !” “Ma sono io! I due fratelli avrebbero voluto abbracciarsi, ma non potevano muoversi. “Povero me!” Dovrò restare qui fermo immobile tutta la vita?” si lamentò Goccetto. “State tranquilli, ragazzi!” disse una voce: era quella del vecchio Acquerottolo. “Oh, nonno, sei qui anche tu? Perché ci troviamo qui fermi impalati e duri come un sasso?” “Siamo duri perché siamo di ghiaccio!’
“Ghiaccio?”
“Oh, poveri noi! Dovremo rimanere sempre così?”
“No il sole sta svegliandoci. Un giorno o l’altro ritorneremo al nostro amato mare.” “E poi nonno?” “E poi siamo sempre da capo, perché il gioco dell’acqua non finisce mai!” Ben presto il sole sciolse tutto il ghiaccio in cui c’erano Gocciolina, Goccetto, e il nonno e tutti si abbracciarono. Poi si misero a correre giù per il pendio, tra i sassi, schiumeggiando e cantando sempre più forte.
Formarono una cascata, un torrente,un lago, un fiume: i nostri amici correvano veloci e finalmente videro il mare. Era vicino, sempre più vicino,eccolo finalmente……

 

PEDRO SCOPRE IL MARE

PEDRO SOPRE IL MARE

Il pesce Pedro e Bernardo il paguro sono grandi amici. Bernardo sta chiuso nella sua conchiglia e Pedro, che una vera casa non ce l’ha, abita in una grotta stretta stretta.

E’ così piccola che c’è spazio solo per lui. Anche nella conchiglia di Bernardo non c’è posto per nessun altro.

Così i due amici non possono incontrarsi per giocare a casa dell’uno o dell’altro.

Poi la vita nel mare è così difficile che può sempre arrivare un pescecane che ti mangia in un boccone. Così Bernardo e Pedro non mettono mai la testa fuori della conchiglia o della tana.

Allora si scrivono cartoline e qualche volta una lettera. A portarle a destinazione ci pensa il pesce postino. Ma un giorno, Pedro è proprio stanco di stare nella sua tana da solo e mette il muso fuori dalla sua strettissima grotta.

Che meraviglia! Davanti a lui c’è un mondo pieno di colori!

Allora Pedro esce dalla sua tana e va a trovare il suo amico Bernardo.

Il paguro è così contento che non sta più nella conchiglia!

UN INVITO A SCUOLA

UN INVITO A SCUOLA

Era una calda giornata di settembre e Diego era nel suo lettino, avvolto in un fresco lenzuolo colorato. La sua mamma entrò nella stanza spalancando le finestre e lasciando entrare tanta luce. Poi disse: – Diego, svegliati! E’ arrivata una letterina per te!
–      Una letterina? Chi me la manda, mamma? – chiese Diego.
–      La scuola!
–      Mamma, ma cos’è la … scuola?!
La mamma ci pensò su e poi rispose:
– Sarai tu stesso a rispondere a questa domanda, perché domani andremo a visitarla!
Diego rimase un po’ perplesso, ma disse: – Va bene mamma.
Il bimbo era in realtà molto curioso. Aveva sentito tanto parlare della scuola, ma non aveva ancora capito cos’era.

Il giorno passò velocemente, arrivò la sera e Diego andò a dormire emozionatissimo perché l’indomani, finalmente, avrebbe scoperto che cos’era la scuola!

Il giorno dopo, la mamma gli fece gli fece il bagnetto, lo pettinò, gli mise il vestitino migliore, poi lo prese per la manina e insieme s’incamminarono. Percorsero un po’ di strada e poi videro un piccolo edificio giallo, con tanti disegni colorati alle finestre e un bellissimo giardinetto.
–      Guarda Diego, ecco la scuola!
–      Mamma, c’è un’altalena! E anche una casetta di legno!
–      Hai visto Diego? Sembra proprio molto carino qui!
–      Mamma, c’è una signora che sorride sulla porta e ci saluta…
–      E’ la maestra!
–      Chi è la maestra?
–      E’ una persona che ti vuole bene, che ti aiuta a crescere e t’insegna tante cose.
E’ severa quando occorre e dolce quando hai bisogno di un po’ di coccole.
–      E’ come una mamma!
–      Quasi Diego, quasi…. – rise la mamma.
–      Mamma, ci sono altri bimbi, hai visto?
–      La scuola è piena di bambini che, come te, vogliono diventare grandi!
–      Che bello! Entriamo?
–      Sì……

I due si avvicinarono all’ingresso e la maestra andò loro incontro.

– Buongiorno, come ti chiami? – chiese la maestra a Diego, sorridendo.
– D… Die… Diego! – balbettò il bimbo un po’ intimidito.
– Ciao Diego! Io sono la maestra Sara. Benvenuto a scuola!
– la maestra poi si presentò anche alla mamma di Diego e li invitò ad entrare.

La scuola era piena di cose meravigliose: disegni, cartelloni, pupazzi, giocattoli. Diego era affascinato e non sapeva più dove guardare, c’erano troppe cose interessanti da vedere!

Arrivarono correndo altri bambini e lo chiamarono:

–      Ehi ciao, vieni con noi, ci hanno preparato una merendona!
–      Mamma posso andare? – chiese Diego che non stava più nella pelle dalla voglia di andare a giocare e a fare merenda con gli altri.

–      Certo, vai pure con i tuoi nuovi amici, vi divertirete!

Il bambino corse via e giocò tutto il giorno, mentre la sua mamma parlava con le insegnanti e con gli altri genitori.

La giornata volò e quando fu l’ora di tornare a casa Diego divenne triste: gli dispiaceva molto lasciare quel posto tanto bello e tutti i suoi nuovi amici.

–      Non preoccuparti Diego, domani torneremo qui e tu potrai giocare quanto vorrai – disse la mamma.
–      Che bello, che bello!
–      Ora hai capito che cos’è la scuola, Diego?
–      Sì mamma, è un posto meraviglioso, pieno di persone che mi vogliono bene!

La mamma sorrise contenta: il suo piccolo sarebbe diventato presto un ometto in quel luogo che aveva già imparato ad amare!

IL PIÙ BEL NOME DI DIO

IL PIÙ BEL NOME DI DIO

Questa storia accadde nei tempi antichi. Allora gli uomini conoscevano una sola parola per indicare Dio: DIO appunto.
“E non c’è altro nome?” domandarono alcuni. Allora gli uomini cominciarono a riflettere. Stabilirono di ritrovarsi dopo una settimana. Ciascuno doveva dire il nome che aveva trovato. Avrebbero, poi, scelto il più bello e lo avrebbero dato a Dio.
Ed eccoli riuniti dopo una settimana.

Il primo portò un recipiente di terracotta dentro il quale ardeva un fuoco. Disse “SOLE, questo è il nome di Dio. Egli ci dona la luce e il colore, vince il buio e il freddo della notte”.

Avanzò il secondo, anche lui portava un vaso di terracotta con dentro dell’acqua. ” ACQUA: questo deve essere il vero nome di Dio. Dall’acqua, infatti, viene la vita!”.

Il terzo si chinò verso il suolo, raccolse con la mano una manciata di terra e la lasciò scorrere tra le dita. Disse: “Così dobbiamo chiamare Dio, TERRA.

Essa ci nutre e ci sostiene, è la nostra casa”.
Il quarto portò un velo soffice e leggero. Lo gettò per aria e subito il vento lo gonfiò e lo portò in alto. Egli disse: “Questo è per me il vero nome di Dio, ARIA: l’aria spinge le vele delle navi, e noi viviamo d’aria, essa ci permette di respirare”.
Tra questi c’era anche il quinto uomo.
Era zitto, non diceva una sola parola, teneva in braccio un bambino e lo cullava teneramente.
“E tu” chiesero allora, ” quale nome hai trovato per Dio?”.
L’uomo rimaneva in silenzio, cullava il suo bambino. Tutti erano in silenzio e lo guardavano attenti.

 All’improvviso uno di loro esclamò: ” Adesso ho capito! Il nome più bello che possiamo dare a Dio è PADRE”. ” E’ davvero così” dissero tutti insieme, “Dio è nostro Padre. Egli è il Padre di tutti”.

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